mercoledì 25 maggio 2011

UFO: DALL'OMBRA DI STALIN SU ROSWELL AI RICCI IN AMORE



di Enrica Perucchietti

Dopo 60 anni e oltre di cover up e disinformazione governativa “sbarca” in libreria una pubblicazione che dovrebbe mettere la parola fine sul più celebre UFO crash della storia contemporanea: Roswell. La giornalista americana Annie Jacobsen, nipote intellettuale del nostro CICAP – ci dona nel libro Area 51 la rivelazione del secolo che tutti gli appassionati di ufologia attendevano con ansia. Abbandonata la strada del pallone sonda con cui il Pentagono ha cercato di mettere inutilmente una toppa alla fuga di notizie dell’incidente del 1947, la Jacobsen – che si occupa di sicurezza nazionale - rispolvera la vecchia ipotesi di apparecchi sovietici utilizzati a fini militari per spaventare la popolazione americana durante la Guerra Fredda. In sintesi: nell’estate del 1947 sarebbe davvero caduta una specie di disco volante telecomandato a distanza – come gli attuali droni - e dai rottami sarebbero stati recuperati i cadaveri di piccoli umanoidi. Però l’incidente avrebbe a che fare con l’URSS e non con gli alieni. Stalin avrebbe fatto sviluppare ai suoi scienziati i progetti dei fratelli Horten, i due piloti e inventori nazisti che durante la seconda guerra mondiale avevano realizzato un prototipo di caccia tutto-ala molto simile a un disco volante. Il prototipo è dato storico accertato, esistono i progetti, le fotografie, addirittura i filmati. Il resto non è attestato né verificabile. Anche in questo caso dovremmo fare un atto di fede e credere sulla parola ai testimoni che la Jacobsen ci propina.
Una novità rispetto al passato però c’è: con questa nuova tesi si ammette l’esistenza di corpi ritrovati nel campo di Roswell il 3 luglio 1947, da sempre negata dal Pentagono. Ma quei corpicini non sarebbero appartenuti a entità extraterrestri bensì a bambini tredicenni deformi e truccanti appositamente per somigliare a creature aliene. A svelare alla giornalista segreti militari legati all’Area 51 e a Roswell sarebbe stato un suo parente acquisito, il fisico Edward Lovick, oggi novantenne che le avrebbe fornito i nomi di alcuni anziani superstiti dell’Area 51.
A proposito delle autopsie effettuate sui cadaveri recuperati dall’aeronautica, il Colonnello Philip Corso – che pure ammetteva l’esistenza di prototipi di dischi volanti sovietici di origine tedesca - scrisse nei suoi diari, “le fotografie nei miei archivi mostravano un essere alto circa un metro. Il corpo sembrava decomposto. Le foto per me non erano molto utili, ma lo erano i rapporti medici: gli organi, la struttura ossea e l’epidermide erano diversi. Il cuore era più grande, maggiore l’estensione polmonare, diverse le sezioni muscolari. Le ossa erano veramente singolari. Le composizioni della pelle estremamente interessante. Sembrava che gli atomi fossero allineati per proteggere gli organi vitali dalle radiazioni cosmiche o dall’attrazione gravitazionale. Non ci si dilungava sul cervello, molto grande rispetto alle dimensioni del corpo. Molte le sorprese biologiche: numerose caratteristiche morfologiche divergevano da quelle umane, eppure la struttura complessiva non se ne discostava troppo”. In che modo la descrizione di queste EBE sarebbe compatibile con dei tredicenni seppur deformi ma pur sempre umani? Evidentemente, nessuna.
Unico precedente altrettanto strampalato nella storia della disinformazione – che personalmente continua a meritarsi il primo posto nelle bufale romanzate – è la spiegazione che a formare i Crop Circle nei campi inglesi sarebbero i ricci in amore che durante le loro evoluzioni “sessuali” darebbero origine ai complicati disegni tra le spighe di grano. Già, ricci.
Dopo i porcospini esperti di cabala e di complesse teorie matematiche da far invidia a John Nash, ora i discepoli di tutti i Piero Angela del pianeta possono leggere il libro della Jacobsen e tornare a dormire sonni tranquilli: non esiste vita al di fuori della Terra – che si mormora forse è davvero piatta – e quegli strani aggeggi che ogni tanto solcano i nostri cieli sono prototipi americani, cinesi o russi. Messi in soffitta palloni sonda e satelliti – tanto evocati negli anni ’50 e ’60 - la spiegazione dei finti UFO può risolvere non pochi problemi: siano essi di tipo classico, a sigaro, triangolare, metallico o colorato. Forse ogni nazione ha il suo velivolo che li contraddistingue, una specie di marchio di fabbrica e i Paesi più poveri si limiterebbero a semplici Orbs poco complesse dal punto di vista ingegneristico…
Va bene non bersi le testimonianze dei contattisti di strada o prendere per vere le innumerevoli bufale che corrono sul web, ma da passare per sprovveduti all’essere imbecilli ce ne passa. Tra gli opposti troviamo le teorie di C. G. Jung o del guenoniano Jean Robin, che con l’ufologia in senso stretto non hanno nulla da spartire. Ma almeno hanno avuto l’accortezza di considerare con rispetto le casistiche e i testimoni per poi teorizzare il loro sistema di pensiero. Poi abbiamo un John Keel o uno Jacques Vallee vicini alle posizioni parafisiche accreditate dalle teorie della quantistica contemporanea. Macché! Il debunking americano ama trattarci come ingenui e propinarci teorie al limite del ridicolo. Magari nella prossima fatica editoriale la Jacobsen ci spiegherà che nei quadri dal Tardo Medioevo al Rinascimento – come “La Madonna con Gesù e san Giovannino” della Scuola del Lippi, “L’annunciazione” di Paolo Criveli, “La leggenda della vera Croce” di Piero della Francesca o “Il miracolo della neve” di Masolino da Panicate – troviamo immortalato un prototipo elaborato da Leonardo da Vinci! Le nubi che tanto piacciono ai critici dell’arte per giustificare quei velivolo fuori posto e fuori tempo finirebbero così a guadagnarsi credito “scientifico” a livello dei palloni sonda.
Per stare al passo con l’era della tecnologia trionfante un po’ di sano revisionismo storico porta la Jacobsen ad attribuire un salto qualitativo ai sovietici che all’inizio della Guerra Fredda sarebbero già stati in grado di lanciare nei nostri cieli finti UFO con equipaggio a bordo. Non è chiaro se il crash del New Mexico fosse compreso nel diabolico piano di Stalin: altrimenti perché inserire ragazzini macrocefali e truccati a mo’ di alieni grigi? Per le foto ricordo? Una volta rinvenuti i corpi e studiati il segreto sarebbe stato svelato in fretta e la copertura per la guerra psicologica crollata miseramente insieme ai milioni investiti per la costruzione del velivolo “terrorista”.
Che ci siano i testimoni militari conta quanto il due di picche. Gli ufologi dalla loro ne hanno a decine insieme ad ex ingegneri, consulenti, astronauti. Perché credere ai primi e non agli altri? Perché non credere che siano costoro agenti della disinformazione? Dopo averci ripetuto fino alla nausea che si trattava di un pallone sonda, dopo aver screditato testimoni e deriso ricercatori, perché mai dovremmo dare retta a questi ex militari? Dovremmo dunque archiviare le testimonianze di Jesse Marcel Junior o di Philip Corso e riconsiderare l’origine della retroingegneria? Ciò ci porterebbe a ipotizzare che le ricadute tecnologiche dalla fibra ottica ai microchip sostenute da Corso siano in realtà prototipi sovietici? E che cosa pensare, allora, del frammento di metallo “sottile come carta” e del pezzo di “tessuto resistente ai Raggi X” che provenivano, secondo il racconto di Corso, dai rottami dell’UFO? “Li estrassi da un fascicolo cui ebbi accesso tredici anni dopo – racconta il Colonnello in L’alba di una Nuova Era – La documentazione allegata sottolineava come, trattandosi di una massa densa, apparisse un allineamento atomico-molecolare impenetrabile ai raggi X e alle radiazioni cosmiche”. Merito della tecnologia sovietica? O dobbiamo credere che Corso fosse in malafede?
Ma se i sovietici erano così all’avanguardia con i loro studi già nel 1947, perché non hanno battuto gli americani nella corsa allo spazio bruciandoli sul tempo? Perché ad andare sulla Luna non sono stati per prima i sovietici – che erano più avanti nelle ricerche degli americani e avrebbero avuto vent’anni di tempo per affinare i prototipi?
Così Corso aveva motivato la decisione di rendere pubblico parte dei segreti di cui era a conoscenza in merito all’incidente di Roswell e alla retroingegneria: “L’accordo tra noi militari era di non parlare sino a che la coscienza non ci avesse imposto di farlo. Il momento per me è arrivato quando è morto il mio superiore, il generale Arthur Trudeau. Ma c’è ancora molto da dire e soprattutto da fare per il bene delle nuove generazioni”.
Dopo che avremo perso nuove energie a controbattere alle tesi avanzate dalla Jacobsen, a chi toccherà infrangere i segreti della politica staliniana?
Fortunati i ricci che si tengono impegnati con i Cerchi nel Grano.

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